venerdì 11 settembre 2009

Vivere nella Sua Volontà

Ricevo da Danilo questo suo scritto sul progetto che sta prendendo vita a Tagliavia

Dopo questo tempo supplementare di quaresima - i giorni top delle feste di Maggio - si ritorna al silenzio e al vento costante e capriccioso, che rinfresca i giorni d’estate e s’infuria d’inverno. Ma è pur sempre Sicilia e avendo preso dimistichezza con la stagione invernale il clima risulta ottimo, tant’è che nella vicina frazione di Ficuzza (del bosco omonimo) i villeggianti da sempre per la qualità salubre dell’aria vengono per risollevarsi un po’ dall’asma o per le difficoltà respiratorie di varia natura.

Siamo al santuario della Madonna del Rosario di Tagliavia ad un’ora da Palermo, qui il silenzio e la vita si sposano. Solo d’estate la trebbia miete dall’alba fino al tramonto, la sento a distanza ogni tanto quando sono sotto vento. Poco sotto il mio balcone, si stendono morbide colline, sembrano grandi dune ora dorate di grano, ora verdeggianti di viti, di filari di olivi, di ciliegi, di fieno e avena per gli armenti e ben 50.000 giovani alberi del costituente bosco della Madonna di Tagliavia!

Questo vento birichino è un vero spasso per la miriade di passeri, rondini, gazze, corvi, rapaci albanelle, e il regnante falco pellegrino. Il suo potente fruscìo fa da sottofondo agli uccelli che senza tempo cantano, in special modo dall’alba e al tramonto. Li vedi volare, li ascolti, ti sbirciano, senti potente la vita che scorre, ti mettono allegria e ti accompagnano tutto il giorno, sono piccoli maestri di vita che vivono il Cristo nella gioia. Ovviamente a terra, furtivi, tra cacciatori e cacciati ci sono gli animali dei campi, si intravedono volpi, conigli, ricci, e le tante simpatiche tartarughe nere. Non mancano, infine, cavalli liberi, mucche, e greggi guidati da bianchi e fidati cani pastore.

E, come se non bastasse, lo scenario più spettacolare è proprio di fronte all’eremo, a pochi passi: l’incanto del laghetto volto al tramonto. È sempre pieno d’acqua e di pesci, è una sorta di silenziosa “base aerea”, un’oasi d’acqua libera, inutilizzata e incontaminata, popolata di uccelli d’acqua, stanziali e migratori, che come aerei atterrano, ripartono, nidificano, si azzuffano nell’acqua e pescano. Ci sono anche trampolieri, addirittura un timido gruppo di dodici cicogne... tutto questo è favoloso!


Insomma: natura, natura, un distillato di energia vitale allo stato... naturale! Qui non possono mancare gli hobbit del luogo, quei pochi contadini del colore della terra bruciata e con le facce di bambini cresciuti, dalle mani di ferro, massicci e mansueti. Pare che il tempo qui non sia mai passato e li abbia forgiati così uguali da migliaia di anni. Ti guardano sì sorridenti ma come se fossi un marziano caduto lì sulla terra, allegramente ti trinciano la mano ad ogni saluto… Ogni tanto stai un po’ con loro e ti fanno teologia senza saperla e t’incanti e ti stupisci.

Questo giardino di Dio per i “passanti” viene definito un posto solitario, abbandonato, lontano dalle città. Di certo è un luogo essenziale (poche le “distrazioni”) ma, fatalmente, chi si vuol fermare qualche ora, s’incanta. È Dio che risponde con la pacifica maestà della sua creazione alla sete di chi mai trova pace col proprio mondo.

Attraverso l’iconografia dei segni naturali di questo luogo dell’infinito chiunque entra in un contatto intimo e totale, forse mai cercato prima, è come uno spiraglio di luce alla sua inconscia ricerca di Dio. Sei immerso e al contempo sei di fronte al quadro che tuo Padre dipinge, insieme all’uomo antico e fedele che lo coltiva e lo custodisce alla maniera di Adamo prima della rottura dell’alleanza. Dio, in questo avamposto di paradiso, insieme all’uomo crea ancora la sua essenza vitale, la bellezza, effonde il suo canto per il suo diletto, fuori dal tempo eppure sempre nuovo, semplice e nel contempo divino. Chiunque ne sia alla ricerca, sente il suo fascino, saggia la verità di essere fatto di questa realtà, unica e totale, sei il fine del suo amore, il germoglio filiale della sua teofania permanente. Vedi tua madre e sorella natura. Lui la crea per te e la dispone mirabilmente perché tu ogni giorno possa contemplarlo nel Suo Lavoro e così ne assumi la sua stessa visione amante, a dipingi insieme con Lui.

Come Geremia: “mi hai sedotto Signore e io mi sono lasciato sedurre”.

Nessuno se ne va da qui zitto, senza dover dire una parola di stupore. La domenica dopo la messa del vespro i visitatori ritornano a casa incantati, i locali se ne stanno qui fino a tardi, vispi e festosi insieme agli uccelli che schiamazzano sugli alberi.

Sono già le otto di sera. Il tramonto sta cominciando, è lo spettacolo supremo, come di una prima teatrale, il visitatore guarda l’orologio, è tardi, è andato fuori dall’orario di libera uscita, deve rientrare - col magone - in città. Promettono di ritornare prima possibile e di starci anche di più ma quasi mai ritornano, forse dispersi nei tunnel dell’industria del caos, la città, o forse questo mondo non gli appartiene più e allora è come andare allo zoo, solo che ti accorgi che ora in gabbia ci sono loro.

Com’è possibile, Dio crea tutto ciò per il nostro bene e non lo vediamo più, desideriamo altro. Siamo cambiati? Chi siamo? Qual è il nostro mondo, quello creato da Dio con nostra sorella natura o quello che creiamo noi nella città, in nome di chi? Dio pazientemente lo cura aspettando sempre qualche figliol prodigo. Credo che oggi, oltre alla conversione spirituale, ci debba essere anche una conversione verso il nostro stato naturale, l’ecosistema in cui siamo stati concepiti. Non possiamo riconoscerci in una natura sfigurata da sviluppi di modelli non umani e non cristiani, altrimenti facciamo solo conversioni monche e questo non basta. Noi oggi facciamo un meraviglioso cammino spirituale, ma sul piano materiale alimentiamo di fatto l’esistenza schiava e suicida del mondo. Il nostro spazio vitale creato da Dio non è la città che è sempre più un inferno.

È il tramonto. In barba ai vari pro e contro esistenziali e teologici qui è sempre un’immensa orchestra, colori e suoni incantevoli per ogni stagione e, come vecchi amici di sempre, al vespro ti incontri con Dio Padre nel suo “vecchio” giardino come Adamo ed Eva.

Finita l’attività quotidiana faccio i vespri, che in estate recito mezz’ora prima che il sole sparisca perché dopo, nella luce del tramonto, nel silenzio raccolto, c’è Dio che prega… e qui diventa indicibile e riduttivo esporvi davvero cosa si prova ogni sera, ne rimango sempre stupito. Tu lo contempli, lo adori, e ti perdi in questa dilatazione in tutte le cose create, perché anche Dio ha desiderio di te e si adatta a te, si offre alle tue emozioni. E così la tua natura, nella Sua Paterna, è Una, si sublima.

Melodia senza parole, è una liturgia cosmica d’amore, un matrimonio in cui Dio a te svela la tua infinita bellezza sposandoti con la pura bellezza del suo creato. Parole enfatiche? No, è la realtà. È la “visio dei” che in te trova luogo, si fa grembo beato del tuo Signore.

È ovvio pensare allora che il giovane pastorello Davide vedendo il suo Divin Padre dipingere il creato, Lo contempli e partecipi lodando e cantando beato, come può fare solo un’anima figlia, che proprio nell’amore creatore del Padre è libera, e tutta si dona a lodare Dio in tutto il creato, è il suo unico infinito desiderio e che ripete in noi: il Signore è il mio pastore non manco di nulla, in pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce... Davide cantava leggendo lo spartito divino della natura che l’uomo ascoltava già prima che la Parola si rivelasse in Cristo Gesù. Il vero Dio si rivela nella Parola, in Gesù Cristo, ma si rivela prima ancora nel creato con un linguaggio universale che tutti gli esseri viventi possono ascoltare e condividere. E' un linguaggio trascendente a tutte le creature e si rivela a ciascuno secondo la propria capacità e identità ma che ha sempre un’anima comune sorgente che unifica tutte le creature e le raduna tutte in una sola voce: un solo Dio, il Dio Uno e Trino. Perciò, anche il non credente, o l’indifferente, senza saperlo qui loda Dio ed io come Maria “serbo nel cuore”, nel segreto esulto di gioia, allora mi adeguo e condivido col suo parlare l’Unica gioia di Dio, il sentirci uniti, donando Dio al di là dei linguaggi. Il linguaggio della natura è allora il primo linguaggio che ci accorda alla generante melodia dello Spirito del Padre e porta ad aprirci in ciò che siamo: persone. Noi viviamo per essere persone, cioè per incontrarci, per fondarci, per rinnovarci, per espanderci nel Cristo sempre giovane, reciproci amanti dei tesori dell’altro, senza le divisioni dalle logiche dell’io, sentirsi l’uno nell’altro chiunque sia col linguaggio umile della Tota Pulcra.

Il vento è fresco anche oggi che è Luglio inoltrato. Francesco torna a casa coi suoi aiutanti stagionali, è il contadino che lavora per mantenere l’enorme podere del santuario, frutto antico di vari lasciti ai monaci che lo affidavano a chi era senza lavoro: 157 ettari!

Solo ora capisco cos’è questo santuario e che forse vale per tutti i santuari, è sì un segno voluto da Dio, il luogo che Dio sceglie per comunicarsi attraverso segni straordinari. Padre Barsotti ne parla nella TEOLOGIA DEI SANTUARI E DEI PELLEGRINI” (Relazione allegata all’Adunanza di Firenze del 5 marzo 1972), ma quello di cui non posso tacerne la gioia, è il segno di fondo oltre i segni miracolosi propri dei santuari: è che Lui con tutta la sua natura sembra che preghi per te, in te che sei lì. Non riguarda solo qualche giorno, qualche momento ispirato, qui ascolti Dio che prega nel linguaggio da Lui creato per te, la natura tutta, universale, visibile e invisibile; con esso sana e colma la tua essenza umana unificandola fino alla pienezza del creato, che tu ti dica ateo o religioso, sei così.

Dio crea la bellezza e tu stai lì, sedotto dalla stessa melodia davidica di quegli strumenti che a Lui s’intonano e in Lui si rinnovano e ne vivono la stessa essenza dinamica, spettacolare certamente, ma più ancora immensa, profonda, semplice. Lì sei puro ascolto. Fuso in questa dinamica a volte non sai più dove finisci tu e dove comincia Lui, sei Uno nel Figlio, e nel Figlio sei il Padre e in essi sei tutto, chiunque tu sia, così come sei anche se non lo sai... (che capogiro di parole!). Vi può sembrare una stupidaggine, ma hai la sensazione che Dio sia qui finalmente libero di donarti il fior fiore di sé per i tuoi sensi intorpiditi, indolenziti, o sclerotizzati che, per quanto induriti, si distendono e si riunificano a questa semplice paradisiaca tenerezza. E ti senti bellezza nell’Uno, e sei Uno, e puoi dire nell’infinitezza e nella pienezza del Cristo vivo: “io sono”, senza temere facili smentite teologiche. Nell’immenso tu Sei.

Tutto sembra immobile e tutto invece si muove, non c’è nulla di ripetitivo, di simile, di stancante, ogni istante è una commovente icona vivente. Come ex fotografo mi diverto molto, ma credo sia un bella sfida anche per un pittore, quante emozioni da condensare in un quadro!

Chiunque qui guarisce. Non può non ascoltare tutta questa maestà. Mi richiama, la teofania biblica del grande carro di Dio di Ezechiele che avanza irresistibile e ti intona alla sua stessa nota, e senza che tu ti perda in essa acquisti la tua specifica unità in Lui che è e ti dona la tua esistenza piena. Quale sia la tua vita, qui capisci l’essenza della parola “tutto”, “pieno”, “uno”, “infinito”, e te ne senti così parte da esserne tutto sposo o meglio sposa di Cristo. Ora so cos’è un santuario. Qui i sandali non ti servono più, devi toglierli, come Mosè, e come Davide sei sui pascoli erbosi e verdeggianti di Dio. Come nella natura vergine di Maria, Dio Padre ti accoglie nel suo grembo generante, nel seno dell’immacolata concezione di ciò che sei in Cristo.

Senza timore puoi dire “io sono”, sono parte piena ed unica di quest’immensa vita, che tutta si dona in me, anche se fossi l’ultimo scarto della terra.

Spero di avervi fatto capire che, anche qui, si sta bene se il tuo cuore cerca davvero Dio solo.

Sopra l’altare del santuario sotto il quadro seicentesco della Madonna del Rosario c’è scritto “Salus Infirmorum”, e veramente qui mi sento sempre più un infermo al cospetto di Dio e a ciò che siamo per Dio Nostro Padre. Proprio per mezzo di queste stesse infermità, ci rivela il Cristo in noi, l’amore vivo e vero, ovunque e chiunque siamo, perché come in Maria Madre siamo sacramento d’amore. Qui è un’infermeria dello spirito, i guariti diventano infermieri e il dottore è Gesù Cristo, con Maria che accoglie tutti nel suo grembo d’amore.

Per quanto tu sia fatto di città, Dio ancora umilmente si abbassa visibile nella sua natura poderosa e prega colla sua creazione e col suo Lavoro per te, figlio nel Figlio.

Sono passate due ore e al posto del tramonto è spuntato uno spicchio di luna rossa sul ciglio delle colline blu sotto uno splendore di stelle. Non sto sognando sto semplicemente vivendo il sogno di Dio.

In Cristo davvero tutto è compiuto, in Lui noi figli non dobbiamo fare altro che questo: render la Grazia del Cristo vivente coltivando e custodendo il suo paradiso, il mondo visibile e invisibile del suo Spirito.


Scusatemi per questo turbine di pensieri, sensazioni e stupori, toccate e fuga che le mie scarse parole impoveriscono, ma sento giusto lodare il Signore e mi è impossibile contenermi ancora e quindi cercate di non far caso alla mia inadeguatezza letteraria.

E, visto che siamo alla fine, “Pregate Pregate Pregate” come dice la Madonna a Medjugorje per la santità di un linguaggio universale e per il mio cammino sacerdotale. Sono al secondo anno e, come soleva fare Damiano ora sacerdote, vi chiedo di pregare per i miei studi, specie per gli esami, che non perda tempo visto che sono prossimo ai cinquanta anni anagrafici.

Pregate ininterrottamente perché altri possano sentire la chiamata a vivere in questo luogo dell’infinito, un avamposto di Dio dove il Signore ha posto la sua “piccola ancella”, proprio Lei mi ha chiamato qual grande peccatore col suo rosario santo, questo è l’eremo e santuario della Madonna del Rosario di Tagliavia a 12 km da Corleone, Palermo.

Per questo ben di Dio vi ricordo, già nel titolo, che il nostro compianto arcivescovo Cataldo Naro ha desiderato tanto disporlo per la comunità nostra e che col suo successore arcivescovo Salvatore Di Cristina con l’assenso di p. Serafino allora superiore generale, ciò è diventata volontà di Dio con la mia presenza, perché divenisse un segno vivo e permanente della CFD nella Chiesa dove si è tanto prodigato il nostro padre vescovo amato dal Padre.

Nel Feng Shui, un’antica arte cinese ausiliaria dell’architettura, il monastero deve avere delle risorse naturali dall’ambiente, sia morfologiche che abitative. La cultura cinese predilige che ci siano il vento e l’acqua, la cultura occidentale predilige il paesaggio. Entrambe devono essere presenti per l’equilibrio psicofisico dell’uomo. Sussistenza materiale e infinitezza spirituale, due componenti vitali per una permanenza nel tempo di un habitat umano equilibrato.

Un grande abbraccio a tutti e spero d’incontrarvi presto!

Un grande abbraccio anche a quelli che si scordano di pregare per ciò!

vostro Danilo Di Trapani.

daniloditrapani60@yahoo.it

Sal 65, 12 . 24

Coroni l’anno con i tuoi benefici,

al tuo passaggio stilla l’abbondanza.

Stillano i pascoli del deserto

E le colline si cingono di esultanza.

I prati si coprono di greggi,

le valli si ammantano di grano.

Tutto canta e grida di gioia.

martedì 8 settembre 2009

Cantico dei tre giovani nella fornace


Benedictus es, Domine, Deus patrum nostrorum,
et laudabilis et superexaltatus in saecula;
et benedictum nomen gloriae tuae sanctum
et superlaudabile et superexaltatum in saecula.
Benedictus es in templo sanctae gloriae tuae
et superlaudabilis et supergloriosus in saecula.
Benedictus es in throno regni tui
et superlaudabilis et superexaltatus in saecula.
Benedictus es, qui intueris abyssos sedens super cherubim,
et laudabilis et superexaltatus in saecula.
Benedictus es in firmamento caeli
et laudabilis et gloriosus in saecula.
Benedicite, omnia opera Domini, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, caeli, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, angeli Domini, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, aquae omnes, quae super caelos sunt, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicat omnis virtus Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, sol et luna, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, stellae caeli, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, omnis imber et ros, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, omnes venti, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, ignis et aestus, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, frigus et aestus, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, rores et pruina, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, gelu et frigus, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, glacies et nives, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, noctes et dies, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, lux et tenebrae, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, fulgura et nubes, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicat terra Dominum,
laudet et superexaltet eum in saecula.
Benedicite, montes et colles, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, universa germinantia in terra, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, maria et flumina, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, fontes, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, cete et omnia quae moventur in aquis, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, omnes volucres caeli, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, omnes bestiae et pecora, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, filii hominum, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedic, Israel, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, sacerdotes Domini, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, servi Domini, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, spiritus et animae iustorum, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, sancti et humiles corde, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula.
Benedicite, Anania, Azaria, Misael, Domino,
laudate et superexaltate eum in saecula;
quia eruit nos de inferno et salvos fecit de manu mortis
et liberavit nos de medio fornacis ardentis flammae
et de medio ignis eruit nos.
Confitemini Domino, quoniam bonus,
quoniam in saeculum misericordia eius.
Benedicite, omnes, qui timetis Dominum, Deo deorum;
laudate et confitemini ei, quia in saecula misericordia eius.

martedì 1 settembre 2009

Cronaca incontro 2009



Anche quest'anno, nella settimana precedente la festa dell'Assunta, ci siamo incontrati per la quinta volta alla Fornace per riflettere sugli 'stili di vita'.

Il tema scelto è stato quello della vita in comune, in famiglia come nel monastero, che incoraggia al superamento dei propri limiti e sprona ad uno stile di vita che testimonia più fedelmente il Vangelo.

L'incontro ha avuto una grande partecipazione e in diversi hanno accettato di dormire con materassino e sacco a pelo. Ospite dell'incontro è stato Bruno Volpi, un laico che ha portato la testimonianza di come sia possibile anche per delle famiglie vivere delle forme di condivisione più intensa.

Per non rimanere ad un livello solo teorico abbiamo deciso di sperimentare il metodo della condivisione dei vissuti personali, utilizzato nelle comunità di famiglie che fanno capo all'associazione di Bruno Volpi. Fin dal primo giorno ci siamo disposti all'ascolto benevolo, non giudicante, prendendo spunto dai temi attinenti estratti dalle circolari del Padre.

Dapprima abbiamo meditato sul senso dell'amicizia cristiana, poi siamo entrati nel cuore del tema proposto analizzando tre pilastri della vita in comune: l'apertura, l'accoglienza e la condivisione. Ci siamo interrogati sulla nostra personale apertura verso i fratelli, la capacità di accoglierli e di condividere con questi anche i bisogni materiali.

Quello che è emerso con forza e che ci sentiamo di condividere con tutta la Comunità è stata la necessità di essere realmente famiglia, un luogo dove si accoglie e si è accolti, a prescindere dalla simpatia che possiamo provare gli uni verso gli altri.

Il luogo e la mancanza di distrazioni ci ha portato a momenti di profonda condivisione, con le stelle che illuminavano il cielo e le candele che davano un calore nuovo alle preghiere della notte.

E' stata anche l'occasione di conoscere e scambiarci idee su nuove esperienze di vita che riguardano alcuni consacrati, quella nel Santuario di Tagliavia a Monreale (PA) o la comunità di famiglie di Trento, esperienze che possono interessare anche altri consacrati e che potranno dare vita a nuovi stili di vita nella Comunità.

Intanto guardiamo avanti, e per l'incontro dell'anno prossimo attendiamo idee da tutti i consacrati.


Testimonianza di Danilo

L’esperienza della Fornace - non so come - lascia un segno indelebile a chiunque, che si tratti di consacrati della Comunità o di amici. Tant’è che dopo due giorni ci si prenota già per l’anno successivo, è la prassi Fornace. Ormai c’è gente che viene ogni anno e ogni anno vive esperienze uniche nella gioia del Cristo vivo nell’esperienza quotidiana e intima delle prime comunità cristiane.

Il livello di fraternità raggiunta è straordinario, la condivisione a vari livelli è totale e libera, tutti danno il massimo perché hanno voglia di farlo senza formalismi, ma con generosità. Quelli che all’inizio stanno chiusi nella loro idea poi si aprono e danno il meglio di sé. L’amalgama fra i vari rami è tale che non si pone distinzione alcuna, certo si mantengono i ruoli ministeriali, ma che tu sia il sup. gen. p. Benedetto, o l’ultimo arrivato o di passaggio, lì non sei mai ingombrante o fuori posto, sei un membro della famiglia, unico e insostituibile.

Fatte le presentazioni iniziali per conoscerci, il carisma della CFD nello Spirito Santo alza le vele e ci trasporta in questa piccola imprevedibile avventura al di là del tema guida. Ognuno spontaneamente esprime la genuinità personale e aperta di battezzati nel Cristo vivente, cosi come si è, donandosi docilmente come piccole Marie... che bellezza! Alcuni arrivano con grossi freni inibitori ma dopo un po' sembrano cosi liberi da se stessi e belli come solo i figli di Dio lo sono. Anche il pagano di passaggio scopre il Cristo in sé, glielo leggi in faccia, alcuni hanno promesso di volerci tornare per fare tutta la settimana… in questa comunità cristiana? Roba da matti! Quando l’ho sentito detto col cuore, avevo le lacrime che scorrevano dentro di me.

Non stiamo lì a fare catechesi affascinanti, magisteriali, non siamo personaggi di spicco (anzi, tra noi ci sono abbastanza “scassati” dalla vita), siamo la CFD, siamo il Corpo di Cristo, cerchiamo di vivere lì la vita familiare delle prime comunità cristiane, niente di più semplice, niente di più vero.

Semplicità, docilità, allegria, partecipazione, libertà, si miscelano in una favola vera che vien fuori dalle mani sapienti del Nostro Papà Creatore che sta coi suoi figli. Momenti di relax e momenti festosi, meditazioni liberanti e arricchenti, oppure musica e barzellette, con il pane e i cibi del nostro forno a legna. In una settimana facendo la cassa comune abbiamo speso 25 euro a testa, metà dei quali per pagare le spese di viaggio al nostro ospite!

Che dire... non è possibile riportare tutto ciò che avviene, tanto l’anno prossimo sarà un’altra cosa che solo nostro Padre sa, come al solito ci stupirà ancora.

In ultimo posso dire che in questa esperienza ci si convince della “visio dei” che mossero le prime comunità cristiane a unirsi in famiglie generanti vita, generanti il Cristo luce per tutti gli uomini.

Incontriamoci alla prossima, naturalmente!

martedì 25 agosto 2009

Maria e la terra - pensieri di padre Divo Barsotti


Firenze, 5 marzo 1972

[…] [i luoghi scelti dalla Provvidenza divina] in gran parte non sono scelti immediatamente da Dio ma, si direbbe, dalla Vergine. Poi si dirà perché la Vergine e non il Signore. Bernardetta non sapeva nulla: le apparve questa Donna: non è stata mica lei a tirarla giù dal cielo! È la Vergine che ha scelto la grotta di Lourdes, è la Vergine che è discesa sul monte Berico, è la Vergine che è apparsa a Banneux, a Fatima; è la Vergine che ha scelto la grotta delle Tre Fontane a Roma. Ma è anche l'uomo che ha scelto Pompei, è anche l'uomo che con la sua santità ha consacrato in modo particolare Assisi... Sono luoghi santificati dall'uomo, santificati da Dio e dalla libertà dell'uomo che risponde, da Dio che liberamente sceglie di entrare in comunione con te. Ma perché? Perché è soprattutto la Madonna che ha un rapporto con gli uomini, perché la figura fondamentale della Vergine è la terra, la terra vergine. Già in S. Ireneo, già in S. Giustino la prima figura della Madonna è il paradiso terrestre, è la terra rossa con la quale Dio ha plasmato il primo uomo, Adamo. Ella è la terra nuova da cui Dio ha tratto il nuovo Adamo, Gesù.

Allora vi è un rapporto fra la terra e la Madonna. Vi ricordate quello che scrive Dostojeski nel libro "I demoni"? La zoppa esce dalla chiesa e dice a Stavroghin: "Chi è la grande genitrice di Dio, per te?" E da se stessa risponde: "È la terra, l'umida terra, la grande madre terra". Vi è un rapporto. Vi ricordate quello che ho scritto nel libro "La comunione dei santi" a proposito dei due tipi di santità che si ritrovano nel Vangelo? Giovanni Battista e la Vergine. Un tipo di santità maschile, un tipo di santità femminile. Ci possono essere degli uomini di tipo di santità femminile e donne di santità maschile. Ma comunque ci sono questi due tipi di santità cristiana. Nell'uno la santità è legata all'uomo perché l'uomo è fattore di storia, è colui che ha una missione, una responsabilità nei riguardi degli uomini. Nell'altra è invece una santità che è in rapporto con la creazione, con la psicologia, con la biologia.
Se noi dobbiamo parlare di luoghi santi, della terra sacra, noi certamente questa terra sacra non possiamo che vederla in rapporto alla Vergine; ed è difatti la Vergine che sceglie questa terra, perché vi è un rapporto fra Maria e la terra. E questa terra che Ella sceglie ripete in generale i segni privilegiati delle ierofanie delle religioni cosmiche: la grotta, che è il seno dal quale esce la vita: come dal seno esce l'uomo, così dal seno della terra esce la grazia (la grotta di Massabielle, la grotta delle Tre Fontane).
E la Vergine sceglie non solo la grotta: sceglie la montagna, perché la montagna è l'onfalos, luogo dell'incontro di Dio con l'uomo: Monte Berico, Monte Crisida a Trieste, ma anche Monte Nero, ma anche La Salette. E come vi è un rapporto della vita con l'acqua, vi è un rapporto di Maria con le sorgenti: l'acqua di Lourdes, l'acqua di La Salette... C'è sempre un rapporto che implica questo richiamo alla vita. E sì noti: in Maria SS. viene riassunto tutto della religione propria della rivelazione cosmica, e vissuta in rapporto col mistero cristiano. Cosicché noi cristiani non escludiamo quanto di positivo vi era nelle economie religiose che precedono la rivelazione cristiana: la rivelazione cristiana di fatto compie la rivelazione cosmica e quella profetica, perciò nella religione cristiana sono presenti anche quelle rivelazioni. Anche per noi il vivere in comunione con Dio vuol dire vivere in comunione con la terra; e guai a staccarci dalla terra! Se in fondo la santità moderna è una santità più difficile, più artificiosa, una santità più di sforzo, troppo maschile, è perché non ha legame con la terra. Rendiamoci conto che questo culturalismo proprio di questi teologi di dopo il Concilio è rovinoso per la Chiesa. Quanto sono più belle di tutte le grandi storie che fanno questi teologi moderni le candele a S. Rita, questa semplicità, questo legame al simbolo, al segno, al sacramento della terra, al sacramento dell'acqua! Le piscine di Lourdes sono cose che possono sembrare superstizione. No. È la sacramentalità che vi è sentita, vi è intesa, vissuta, perché noi si vive con Dio anche attraverso questa sacramentalità. È la Madonna stessa che ha scelto l'acqua, è la Madonna stessa che ha scelto i monti Pirenei, è la Madonna stessa che ha voluto che noi salissimo a La Salette, è la Madonna stessa che si è fatta presente in mezzo agli uomini, nella grotta, o presso le sorgenti dei fiumi.

I santuari dicono che la nostra vita religiosa non è mai un'evasione dal tempo, non è mai un'evasione dalla creazione. Troppo spesso la vita religiosa dei cristiani - non perché cristiana, ma perché subisce l'influenza di uno spiritualismo che non è cristiano - implica una evasione dal tempo e dallo spazio. Più di quella dei teologi, è proprio la religione del popolo che è la religione di Dio, che ci riporta a vivere la nostra comunione con Dio, nella comunione con la terra. Come non possiamo vivere una comunione con Dio separandoci dagli uomini, così non possiamo vivere una comunione con Dio separandoci dalla terra. Quando nel secolo XVI anche i santi si sono separati dalla terra, la loro spiritualità è divenuta qualcosa di troppo ascetico, di troppo sforzato, come la spiritualità anche dalla Compagnia di Gesù. Pensate la spiritualità monastica come è più naturale! Vivere al ritmo delle stagioni! L'orario, per esempio, della preghiera, secondo S. Benedetto, cambia col cambiare delle stagioni: d'estate viene giorno più presto, bisogna alzarsi più presto; d'inverno invece si può dormire di più. C'è un rapporto costante con la creazione. Ecco perché i luoghi dove l'uomo viveva il suo rapporto con Dio fino al 1500 erano in campagna, non in città.
E noi viviamo anche oggi un bisogno di vita religiosa rientrando in comunione con la terra; […].
La nostra vita cristiana implica questo. Perché? Perché il cristianesimo è sì una economia di realizzazione ultima, di compimento, e il compimento ci porta nel seno del Padre e ci inserisce nel corpo glorioso del Cristo, però viviamo ancora nell'economia sacramentale. Il pretendere di poter sfuggire a questa economia è invece cadere nel nulla, in uno spiritualismo falso. Non si può vivere soltanto nel seno del Padre, pretendendo di poterci vivere senza questo contatto con la realtà, con la terra. Rimane più facile la vita religiosa se essa si svolge in un contatto sereno, vero, con la terra madre, che è il contatto con la Vergine, che è il contatto col Cristo.
[…]

Ritorno alla Terra - pensieri di padre Divo Barsotti

Firenze, 19 ottobre 1958

[…] Ho capito quanto sia importante per l’uomo mantenere un contatto, un legame con la terra – specialmente per l’uomo religioso. La vita religiosa moderna ha perduto la forza, di autenticità, perché ha perduto questo contatto. Da Ignazio in poi i santi hanno abbandonato la terra, non hanno voluto riconoscere un loro legame con essa, e la vita religiosa si è inaridita, si è fatta un esercizio, una tecnica- si è impegnata col mondo, ha creato una efficacia (scusate, non siamo sicuri di questa parola) che esigeva compromessi che ne inquinavano la purezza e ne indebolivano la forza.
Da Ignazio, ho detto – non con Ignazio. Manresa e il Monserrato hanno formato Ignazio, come la campagna castigliana Giovanni e la pietrosa e ventosa Avila, Teresa. Anche oggi il messaggio più ricco ci giunge dal deserto.
Noi dobbiamo mantenere un contatto non solo con gli uomini ma con la natura – dobbiamo ritornare ad essere creature terrestri per divenire figli di Dio. Come Adamo plasmati col fango della terra dalle sue Mani divine. Non possiamo né vogliamo separarci dagli uomini – ma il nostro legame con essi non deve distruggere un nostro legame con la terra. Non dobbiamo essere uomini di città – sradicati, ignari di una nostra solidarietà con la terra. La città ci rende estranei alla natura, artificiali – ci inserisce in un mondo fittizio – ci aliena a noi stessi – ci svuota. La città mangia gli uomini, non li crea,non li alimenta.
L’uomo tende alla città perché cerca gli uomini, sente di dover vivere per loro – ma nella città non trova gli uomini e perde se stesso. Dobbiamo andare nella città ma rimanere nel deserto, abitare nella campagna, vivere in contatto con la natura. Questo contatto ha un valore primordiale per l’uomo. Deve avere un valore primordiale per noi.
Il monaco è colui che vive un suo consenso intimo con le stagioni; col giorni, con la luce e la notte, con la terra, con gli alberi, coi fiumi, con l’immensità dei deserti, coi silenzi delle solitudini, col segreto delle foreste, con la purezza della montagna, con l’austerità dei colli pietrosi e la dolcezza dei declivi erbosi. Non è parte di un mondo ma è colui che a questo mondo dà una sua voce per lodare Dio. Noi dobbiamo esser questo.
Nostalgia del deserto! Solo la fedeltà al deserto rinnova il nostro amore per gli uomini, ci purifica interiormente e ci fa degni e capaci di servire i fratelli. Amiamo la solitudine, cerchiamo il silenzio. Bisogna ritornare alla terra. Quanti di noi sono divenuti come incapaci di un vero ritorno! Eppure la vocazione di Abramo che è tipo di ogni vocazione divina dice chiaramente che Dio chiama a Sé nel distacco dagli uomini e dalle città in un cammino che riporta l’uomo alla terra.
Mi sembra che questo ritorno sia condizione di un vero rinnovamento religioso – mi sembra che il dubbio sulla possibilità di questo ritorno giustifichi il dubbio sulla possibilità di un rinnovamento del mondo. Ma credo che questo ritorno possa esser fatto oggi soltanto da coloro che come Abramo rispondono a un appello di Dio – e vanno cercando una purezza, una semplicità, una bellezza che altrove non potrebbero trovare e rimangono incontaminata ricchezza di una natura che appena è disertata dagli uomini ritorna trasparente alla visione di Dio.
Forse ritornare alla terra vuol dire anche lavorarla come Adamo – vuol dire certo fino da ora sentire profondamente il suo fascino, perché se Dio si rivela all’uomo nel Cristo, è possibile all’uomo di giungere a vivere questa rivelazione perfetta se egli rimane in un perpetuo contatto con Dio attraverso quella rivelazione cosmica che mantiene l’anima attenta alla divina visione.
Avrei voluto dirvi qualcosa del mio viaggio. Invece vi ho scritto queste parole che mi condannano – ma in cui condannano anche ogni vostra evasione. Il nostro cammino ci porta al deserto.
Perdonatemi e pregate per me. Chiedete al Signore che ci attragga sempre più soltanto la sua voce che ci chiama a un cammino di silenzio, nella notte – che ci attrae nel deserto.
Nel deserto matura la futura salvezza del mondo – nel deserto si consuma la nostra unione con Dio.
Vi benedico con affetto tenerissimo.

lunedì 24 agosto 2009

traccia per l'incontro 2009

Prima di Natale, nel suo discorso alla curia romana, Benedetto XVI ha auspicato la nascita di una “ecologia dell'uomo” che si proponga di preservare l'umanità dall'autodistruzione. La distruzione verso la quale ci avviamo, l'abisso nel quale ogni giorno di più rischiamo di sprofondare, non è da intendersi solo come qualcosa di lontano ed esterno a noi, ma piuttosto viene da un nostro progressivo allontanarci da un ordine naturale che investe prima di tutto il nostro modo di vivere e di relazionarci. Il Papa si è soffermato soprattutto sul nuovo modo di intendere la sessualità, ma il discorso può e deve essere allargato ad ogni ambito antropologico.

Chi ha conosciuto padre Barsotti non può non essere stato affascinato dalla sua capacità di collegare ogni aspetto della realtà alla sua radice trascendente, e di legare tra loro aspetti apparentemente distanti con la profondità di una concezione olistica che tutto abbraccia in Dio. Nel paesaggio, nella storia, nell'arte, nelle relazioni umane come nella religiosità, possiamo scorgere dei legami che sono il riflesso di ciò che gli orientali chiamano le energie increate. Siamo, dunque, chiamati a scoprire i nessi che legano la nostra concezione del lavoro, della famiglia, del sesso o del denaro alla nostra vocazione monastica in un'ottica – appunto – ecologica. Come nella natura, seppur attraverso la lente deformante del peccato, possiamo scorgere i segni di un'armonia divina che dispiega attraverso forme ricorrenti e interrelate, così dobbiamo farlo per l'uomo e per i rapporti in cui è immerso.

Il Papa, sempre nella medisima occasione, ha parlato anche di “amicizie che incoraggiano ad uno stile di vita diverso e lo sostengono dal di dentro” riferendosi ai frutti delle Giornate Mondiali della Gioventù, ma lo stesso potrebbe valere per i legami che si stabiliscono tra noi consacrati nella Comunità.

In questa prospettiva abbiamo deciso di collocare l'incontro “stili di vita” che si svolgerà dal 9 al 14 agosto alla Fornace: proponendo la famiglia, cellula embrionale di societas naturalis, quale modello di vita comune per tutti i rami della Comunità. Quale è il limite fino al quale ci si può spingere nella condivisione di vita tra consacrati? Il tema di una qualche forma di vita comune anche nei primi tre rami è stato più volte proposto nella vita della Comunità ma, pur facendo parte dei desideri di più di un consacrato, spesso rischia di rimanere al livello di aspirazione confusa.

Ci piacerebbe che potessero partecipare all'incontro consacrati di tutti i rami, per continuare ad incontrarci e confrontarci in spirito di semplicità e di comunione come abbiamo cercato di fare in questi anni.

traccia per l'incontro 2008

L’appuntamento estivo della Fornace di quest’anno (dal 18 al 23 agosto) prenderà le mosse da un incontro con gli hobbit. Questi altro non sono che una delle tante razze che popolano i romanzi dello scrittore inglese John Ronald Reuel Tolkien (1892 –1973). Sono piccoli esseri più simili a bambini che ad uomini fatti, protagonisti loro malgrado di grandi imprese. L’eremo della Fornace, per la sua collocazione al di la del tempo, ben si presta a questo tipo di incontri. Cercheremo, così, di riscoprire il gusto semplice delle cose che, sempre più spesso, ci viene negato e ci neghiamo per inseguire i deliri dei falsi profeti del mondo.

Abbiamo pensato di partire da un riferimento letterario non per divagazione ma per cogliere, analogamente a quanto il padre faceva con Dostoevskij, il significato più profondo che aleggia nelle pagine della grande letteratura. Per fare questo ci avvarremo della sapiente guida di nostro padre Benedetto, autentico ramingo della Terra di Mezzo, l’ambientazione immaginaria dei romanzi di Tolkien.

Sarà necessaria una certa adattabilità alle condizioni spartane della casa, in compenso le spese sono irrisorie. Chi sa suonare porti pure lo strumento, onde rinfrancare i cuori sempre impegnati nella buona battaglia, lo stesso dicasi per chi vuole portare del cibo, eviterà di farci uscire per la spesa.

Vale anche per quest’anno la considerazione che, più che dalle parole, i contenuti verranno dalla vita di comunione vissuta insieme tra i vari rami della comunità e dalla ‘sapienza’ del luogo, cercando di seguire il consiglio di San Bernardo di Chiaravalle: "credi a chi ne ha esperienza: nelle foreste troverai più che non nei libri. L'albero e le rocce ti insegneranno ciò che non puoi imparare dai maestri"1.

1 S. BERNARDUS, Ep. 106 ad Mag. Henricum Murdach, n. 2; PL 182, 242: "Experto crede: aliquid amplius invenies in silvis quam in libris. Ligna et lapides docebunt te, quod a magistris audire non possis".