lunedì 28 febbraio 2011

Traccia incontro 2011


Anche in questo 2011 intendiamo proseguire il nostro viaggio alla ricerca di uno stile di vita in linea con la nostra vocazione a vivere una spiritualità monastica seppur immersi nel mondo. Per quest'anno abbiamo scelto di incontrarci all'Eremo della Fornace nei giorni dal 5 al 9 luglio e come tema abbiamo pensato al rapporto che abbiamo col cibo, col nostro pane quotidiano.
Padre Barsotti, sulla scorta del card. Danielou, era solito richiamarsi ad una triplice Rivelazione di Dio: quella cosmica, quella profetica e quella cristiana, dove l'ultima non ha abolito le precedenti, ma le ha portate a compimento rivelandocene il senso.
Ebbene, in tutti i tempi e in tutti i luoghi l'atto del mangiare ha rivestito un carattere sacrale. Quell'atto che oggi è spesso vissuto come mera necessità fisiologica o come nevrotica compensazione psicologica, nella rivelazione cosmica era posto a fondamento della coesione sociale e dell'armonia fra Cielo e terra. Quelli di noi che sono più anziani e che forse hanno vissuto gli stenti della guerra conservano un profondo rispetto per il cibo in quanto simbolo di questo legame. Da bambino non capivo il perché mio padre ribadisse in modo perentorio che “il pane non si butta”: buttavamo di tutto e quello del pane mi sembrava un tabù superstizioso. Oggi, infatti, non siamo più consapevoli della preziosità del cibo poiché questo bisogno è continuamente soddisfatto e con il minimo sforzo. Non solo: i ritmi della modernità, la fretta, le cattive abitudini ci hanno fatto dimenticare il gusto e l’impegno nel guadagnarselo e, soprattutto, nel condividerlo. Per molti di noi anche il “mangiare insieme” è diventato l'eccezione, e così sono sempre meno le occasioni che ci consentono di sentire la vicinanza degli altri, offrendoci l’opportunità di stringere amicizie o rinsaldare vincoli comunitari. Non ci dimentichiamo che il cibo è cultura e identità: osservando ciò che mangiamo possiamo capire molto di noi e della società in cui viviamo. I cibi sono diventati sempre più artificiali nei sapori, negli odori e nell'aspetto, non ci rimandano più ai doni della terra e non ci comunicano più l'affetto di chi li preparava secondo gesti quasi rituali tramandati di generazione in generazione. Allo stesso modo anche le nostre vite diventano più artificiali e i legami che ci connettevano al nostro passato sono visti come inutili fardelli: viviamo senza accorgercene una sorta di adolescenza patologica.
Ne “la mia giornata con Cristo”, invece, padre Barsotti ci ricorda come ogni nostro atto si possa e si debba richiamare alla vita sacramentale, alla vita di Dio. E' questo il significato autentico della tradizione: tramandare il senso autentico della realtà. E dopo la rivelazione cosmica abbiamo quella profetica, quel “non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” per primo espresso dal Deuteronomio che ci riporta ad un simbolismo ancora più profondo: il nutrirsi dell'anima oltre che del corpo.
E, in ultimo, tutto convoglia alla rivelazione del Cristo, che riunisce tutti i significati del pasto sacro in una nuova luce: non è un caso che il primo e l'ultimo atto della vita pubblica di Gesù (le nozze di Cana e l'Ultima Cena) siano proprio dei conviti.
Il “pane quotidiano”, la richiesta più basilare dell'uomo di sempre, ci rivela quindi nuovi e sempre più profondi significati: “il pane che l’anima chiede è il Corpo di Cristo, è Gesù medesimo, il Pane vivo disceso dal cielo. Ed è certo questo alimento che, unico, può veramente saziare l’anima cristiana”. Averlo sempre presente, badando sempre tenere unita la nostra vita naturale a quella soprannaturale.