lunedì 21 giugno 2010

Si vis pacem



Molti di voi, leggendo la frase “si vis pacem”, l'avranno mentalmente completata con “para bellum”: è l'antico motto romano “se vuoi la pace, prepara la guerra”. Come a dire: la pace è una cosa buona e auspicabile, ma per raggiungerla è necessario prepararsi a combattere.
E' un motto che rivela la profondità del genio latino, del suo pragmatismo virile. Ma come esiste un approccio alla realtà 'virile', ne esiste anche uno 'muliebre'. A questo proposito, circa quaranta anni fa, padre Barsotti diceva: “Giovanni Battista e la Vergine. Un tipo di santità maschile, un tipo di santità femminile. Ci possono essere degli uomini di tipo di santità femminile e donne di santità maschile. Ma comunque ci sono questi due tipi di santità cristiana. Nell'uno la santità è legata all'uomo perché l'uomo è fattore di storia, è colui che ha una missione, una responsabilità nei riguardi degli uomini. Nell'altra è invece una santità che è in rapporto con la creazione, con la psicologia, con la biologia”.
Noi dobbiamo considerare entrambi questi approcci, senza essere unilaterali.
Ecco che, allora, il successore di Pietro ci indica anche una via 'femminile' alla pace: “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”, titola il messaggio della 43° Giornata Mondiale della Pace. Qui, il Santo Padre ha ampiamente ripreso il tema del rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale espresso anche nell'Enciclica Caritas in veritate, ribadendo che «ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale»1.
Ma in che direzione muoversi?
«La crisi ecologica», afferma Benedetto XVI, «offre una storica opportunità per elaborare una risposta collettiva volta a convertire il modello di sviluppo globale in una direzione più rispettosa nei confronti del creato e di uno sviluppo umano integrale, ispirato ai valori propri della carità nella verità. Auspico, pertanto, l’adozione di un modello di sviluppo fondato sulla centralità dell’essere umano, sulla promozione e condivisione del bene comune, sulla responsabilità, sulla consapevolezza del necessario cambiamento degli stili di vita e sulla prudenza, virtù che indica gli atti da compiere oggi, in previsione di ciò che può accadere domani2. [...] Appare sempre più chiaramente che il tema del degrado ambientale chiama in causa i comportamenti di ognuno di noi, gli stili di vita e i modelli di consumo e di produzione attualmente dominanti, spesso insostenibili dal punto di vista sociale, ambientale e finanche economico. Si rende ormai indispensabile un effettivo cambiamento di mentalità che induca tutti ad adottare nuovi stili di vita “nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti”3».
Come abbiamo sempre sostenuto nel corso dei nostri incontri alla Fornace, dobbiamo prendere atto che «il libro della natura è unico, sia sul versante dell’ambiente come su quello dell’etica personale, familiare e sociale4 [...e che] la ricerca della pace da parte di tutti gli uomini di buona volontà sarà senz’altro facilitata dal comune riconoscimento del rapporto inscindibile che esiste tra Dio, gli esseri umani e l’intero creato».
È nel solco del magistero di Benedetto XVI e del nostro Padre Fondatore che vogliamo trascorrere la nostra settimana alla Fornace, dal 5 al 10 agosto. Chi fosse interessato può iscriversi avvisando il curatore del blog.
«Per questo, invito tutti i credenti ad elevare la loro fervida preghiera a Dio, onnipotente Creatore e Padre misericordioso, affinché nel cuore di ogni uomo e di ogni donna risuoni, sia accolto e vissuto il pressante appello: Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato.»


1Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 37.
2Cfr. San Tommaso d’Aquino, S. Th., II-II, q. 49, 5.
3Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 36.
4Cfr. Lett. enc. Caritas in veritate, 15.51.

giovedì 14 gennaio 2010

pensieri extra vaganti

Qual è il rapporto della città con l'uomo?
La città non ti conosce più e tu non la conosci.
Quanto più è grande, tanto più sei un ospite, uno straniero, tanto più povera e vuota diviene la tua vita.
E forse per questo che l'uomo ama vivere nella città? per fuggire se stesso?
Per perdersi?

Il mondo ci spersonalizza
Gli uomini oggi sono fatti in serie, le personalità
diminuiscono giorno per giorno, tutti diveniamo
come i polli di allevamento: allevamento nelle
fabbriche, allevamento in questi casoni. Basta
entrare in queste città come Palermo o Milano o
tante altre: questi grandi fabbricati dove stanno
centinaia di famiglie! Siamo animali
d’allevamento, non c’è nulla da fare, perché il
fatto di vivere in un ambiente simile pian piano ci
fa uguali tutti. Tutti leggono il medesimo giornale,
tutti vanno con il medesimo autobus, tutti fanno
le stesse cose tutti i giorni, hanno gli stessi gusti,
mangiano le stesse cose. Sapete come si fa in
America? Si va alla tavola calda, così in piedi, e si
prende tutti la medesima cosa. È spaventoso!
Guardate che la decadenza della cucina è anche la
decadenza dell’umanità. È una cosa importante
anche questa, perché tutto quello che implica la
salvezza dell’uomo implica la distinzione
personale. Come sarebbe bello vedere camminare
quello con i pattini, quello con i trampoli.. E invece
non si vedono mica camminare così! Ci sono le
macchine e basta.
Il mondo ci salva facendoci animali, perché la
salvezza a cui ci portano i partiti implica di per sé il
livellamento delle coscienze, il livellamento
dell’intelligenza, il livellamento della vita
economica: tutti si deve star bene. E se io voglio
star male? Ma guarda un po’, non mi lasciano
nemmeno la libertà di star male! Ci danno giorno
per giorno da mangiare come ai polli. Se si va
avanti di questo passo si finisce così. Praticamente
tutta l’economia degli stati, tende a liberarci da
ogni proprietà personale perché poi tutti
diventiamo gli stipendiati del governo, il quale
penserà tutti i giorni a farci mangiare una bistecca,
a darci due o tre contorni, il dolce e la frutta. Oh,
ma sentite un po’, a me mi piace ogni tanto fare
anche il digiuno! Ma che storie son queste di
ricattare gli uomini? L’uomo deve essere salvato
per quello che è, non livellarlo per poterlo salvare.
Ed è Cristo soltanto, ed è Dio soltanto che ci salva.
Donarci a Lui non vuol dire perdere noi stessi, i
nostri connotati: Egli ci conosce per nome, dice il
Vangelo.

Divo Barsotti