martedì 25 agosto 2009

Maria e la terra - pensieri di padre Divo Barsotti


Firenze, 5 marzo 1972

[…] [i luoghi scelti dalla Provvidenza divina] in gran parte non sono scelti immediatamente da Dio ma, si direbbe, dalla Vergine. Poi si dirà perché la Vergine e non il Signore. Bernardetta non sapeva nulla: le apparve questa Donna: non è stata mica lei a tirarla giù dal cielo! È la Vergine che ha scelto la grotta di Lourdes, è la Vergine che è discesa sul monte Berico, è la Vergine che è apparsa a Banneux, a Fatima; è la Vergine che ha scelto la grotta delle Tre Fontane a Roma. Ma è anche l'uomo che ha scelto Pompei, è anche l'uomo che con la sua santità ha consacrato in modo particolare Assisi... Sono luoghi santificati dall'uomo, santificati da Dio e dalla libertà dell'uomo che risponde, da Dio che liberamente sceglie di entrare in comunione con te. Ma perché? Perché è soprattutto la Madonna che ha un rapporto con gli uomini, perché la figura fondamentale della Vergine è la terra, la terra vergine. Già in S. Ireneo, già in S. Giustino la prima figura della Madonna è il paradiso terrestre, è la terra rossa con la quale Dio ha plasmato il primo uomo, Adamo. Ella è la terra nuova da cui Dio ha tratto il nuovo Adamo, Gesù.

Allora vi è un rapporto fra la terra e la Madonna. Vi ricordate quello che scrive Dostojeski nel libro "I demoni"? La zoppa esce dalla chiesa e dice a Stavroghin: "Chi è la grande genitrice di Dio, per te?" E da se stessa risponde: "È la terra, l'umida terra, la grande madre terra". Vi è un rapporto. Vi ricordate quello che ho scritto nel libro "La comunione dei santi" a proposito dei due tipi di santità che si ritrovano nel Vangelo? Giovanni Battista e la Vergine. Un tipo di santità maschile, un tipo di santità femminile. Ci possono essere degli uomini di tipo di santità femminile e donne di santità maschile. Ma comunque ci sono questi due tipi di santità cristiana. Nell'uno la santità è legata all'uomo perché l'uomo è fattore di storia, è colui che ha una missione, una responsabilità nei riguardi degli uomini. Nell'altra è invece una santità che è in rapporto con la creazione, con la psicologia, con la biologia.
Se noi dobbiamo parlare di luoghi santi, della terra sacra, noi certamente questa terra sacra non possiamo che vederla in rapporto alla Vergine; ed è difatti la Vergine che sceglie questa terra, perché vi è un rapporto fra Maria e la terra. E questa terra che Ella sceglie ripete in generale i segni privilegiati delle ierofanie delle religioni cosmiche: la grotta, che è il seno dal quale esce la vita: come dal seno esce l'uomo, così dal seno della terra esce la grazia (la grotta di Massabielle, la grotta delle Tre Fontane).
E la Vergine sceglie non solo la grotta: sceglie la montagna, perché la montagna è l'onfalos, luogo dell'incontro di Dio con l'uomo: Monte Berico, Monte Crisida a Trieste, ma anche Monte Nero, ma anche La Salette. E come vi è un rapporto della vita con l'acqua, vi è un rapporto di Maria con le sorgenti: l'acqua di Lourdes, l'acqua di La Salette... C'è sempre un rapporto che implica questo richiamo alla vita. E sì noti: in Maria SS. viene riassunto tutto della religione propria della rivelazione cosmica, e vissuta in rapporto col mistero cristiano. Cosicché noi cristiani non escludiamo quanto di positivo vi era nelle economie religiose che precedono la rivelazione cristiana: la rivelazione cristiana di fatto compie la rivelazione cosmica e quella profetica, perciò nella religione cristiana sono presenti anche quelle rivelazioni. Anche per noi il vivere in comunione con Dio vuol dire vivere in comunione con la terra; e guai a staccarci dalla terra! Se in fondo la santità moderna è una santità più difficile, più artificiosa, una santità più di sforzo, troppo maschile, è perché non ha legame con la terra. Rendiamoci conto che questo culturalismo proprio di questi teologi di dopo il Concilio è rovinoso per la Chiesa. Quanto sono più belle di tutte le grandi storie che fanno questi teologi moderni le candele a S. Rita, questa semplicità, questo legame al simbolo, al segno, al sacramento della terra, al sacramento dell'acqua! Le piscine di Lourdes sono cose che possono sembrare superstizione. No. È la sacramentalità che vi è sentita, vi è intesa, vissuta, perché noi si vive con Dio anche attraverso questa sacramentalità. È la Madonna stessa che ha scelto l'acqua, è la Madonna stessa che ha scelto i monti Pirenei, è la Madonna stessa che ha voluto che noi salissimo a La Salette, è la Madonna stessa che si è fatta presente in mezzo agli uomini, nella grotta, o presso le sorgenti dei fiumi.

I santuari dicono che la nostra vita religiosa non è mai un'evasione dal tempo, non è mai un'evasione dalla creazione. Troppo spesso la vita religiosa dei cristiani - non perché cristiana, ma perché subisce l'influenza di uno spiritualismo che non è cristiano - implica una evasione dal tempo e dallo spazio. Più di quella dei teologi, è proprio la religione del popolo che è la religione di Dio, che ci riporta a vivere la nostra comunione con Dio, nella comunione con la terra. Come non possiamo vivere una comunione con Dio separandoci dagli uomini, così non possiamo vivere una comunione con Dio separandoci dalla terra. Quando nel secolo XVI anche i santi si sono separati dalla terra, la loro spiritualità è divenuta qualcosa di troppo ascetico, di troppo sforzato, come la spiritualità anche dalla Compagnia di Gesù. Pensate la spiritualità monastica come è più naturale! Vivere al ritmo delle stagioni! L'orario, per esempio, della preghiera, secondo S. Benedetto, cambia col cambiare delle stagioni: d'estate viene giorno più presto, bisogna alzarsi più presto; d'inverno invece si può dormire di più. C'è un rapporto costante con la creazione. Ecco perché i luoghi dove l'uomo viveva il suo rapporto con Dio fino al 1500 erano in campagna, non in città.
E noi viviamo anche oggi un bisogno di vita religiosa rientrando in comunione con la terra; […].
La nostra vita cristiana implica questo. Perché? Perché il cristianesimo è sì una economia di realizzazione ultima, di compimento, e il compimento ci porta nel seno del Padre e ci inserisce nel corpo glorioso del Cristo, però viviamo ancora nell'economia sacramentale. Il pretendere di poter sfuggire a questa economia è invece cadere nel nulla, in uno spiritualismo falso. Non si può vivere soltanto nel seno del Padre, pretendendo di poterci vivere senza questo contatto con la realtà, con la terra. Rimane più facile la vita religiosa se essa si svolge in un contatto sereno, vero, con la terra madre, che è il contatto con la Vergine, che è il contatto col Cristo.
[…]

Ritorno alla Terra - pensieri di padre Divo Barsotti

Firenze, 19 ottobre 1958

[…] Ho capito quanto sia importante per l’uomo mantenere un contatto, un legame con la terra – specialmente per l’uomo religioso. La vita religiosa moderna ha perduto la forza, di autenticità, perché ha perduto questo contatto. Da Ignazio in poi i santi hanno abbandonato la terra, non hanno voluto riconoscere un loro legame con essa, e la vita religiosa si è inaridita, si è fatta un esercizio, una tecnica- si è impegnata col mondo, ha creato una efficacia (scusate, non siamo sicuri di questa parola) che esigeva compromessi che ne inquinavano la purezza e ne indebolivano la forza.
Da Ignazio, ho detto – non con Ignazio. Manresa e il Monserrato hanno formato Ignazio, come la campagna castigliana Giovanni e la pietrosa e ventosa Avila, Teresa. Anche oggi il messaggio più ricco ci giunge dal deserto.
Noi dobbiamo mantenere un contatto non solo con gli uomini ma con la natura – dobbiamo ritornare ad essere creature terrestri per divenire figli di Dio. Come Adamo plasmati col fango della terra dalle sue Mani divine. Non possiamo né vogliamo separarci dagli uomini – ma il nostro legame con essi non deve distruggere un nostro legame con la terra. Non dobbiamo essere uomini di città – sradicati, ignari di una nostra solidarietà con la terra. La città ci rende estranei alla natura, artificiali – ci inserisce in un mondo fittizio – ci aliena a noi stessi – ci svuota. La città mangia gli uomini, non li crea,non li alimenta.
L’uomo tende alla città perché cerca gli uomini, sente di dover vivere per loro – ma nella città non trova gli uomini e perde se stesso. Dobbiamo andare nella città ma rimanere nel deserto, abitare nella campagna, vivere in contatto con la natura. Questo contatto ha un valore primordiale per l’uomo. Deve avere un valore primordiale per noi.
Il monaco è colui che vive un suo consenso intimo con le stagioni; col giorni, con la luce e la notte, con la terra, con gli alberi, coi fiumi, con l’immensità dei deserti, coi silenzi delle solitudini, col segreto delle foreste, con la purezza della montagna, con l’austerità dei colli pietrosi e la dolcezza dei declivi erbosi. Non è parte di un mondo ma è colui che a questo mondo dà una sua voce per lodare Dio. Noi dobbiamo esser questo.
Nostalgia del deserto! Solo la fedeltà al deserto rinnova il nostro amore per gli uomini, ci purifica interiormente e ci fa degni e capaci di servire i fratelli. Amiamo la solitudine, cerchiamo il silenzio. Bisogna ritornare alla terra. Quanti di noi sono divenuti come incapaci di un vero ritorno! Eppure la vocazione di Abramo che è tipo di ogni vocazione divina dice chiaramente che Dio chiama a Sé nel distacco dagli uomini e dalle città in un cammino che riporta l’uomo alla terra.
Mi sembra che questo ritorno sia condizione di un vero rinnovamento religioso – mi sembra che il dubbio sulla possibilità di questo ritorno giustifichi il dubbio sulla possibilità di un rinnovamento del mondo. Ma credo che questo ritorno possa esser fatto oggi soltanto da coloro che come Abramo rispondono a un appello di Dio – e vanno cercando una purezza, una semplicità, una bellezza che altrove non potrebbero trovare e rimangono incontaminata ricchezza di una natura che appena è disertata dagli uomini ritorna trasparente alla visione di Dio.
Forse ritornare alla terra vuol dire anche lavorarla come Adamo – vuol dire certo fino da ora sentire profondamente il suo fascino, perché se Dio si rivela all’uomo nel Cristo, è possibile all’uomo di giungere a vivere questa rivelazione perfetta se egli rimane in un perpetuo contatto con Dio attraverso quella rivelazione cosmica che mantiene l’anima attenta alla divina visione.
Avrei voluto dirvi qualcosa del mio viaggio. Invece vi ho scritto queste parole che mi condannano – ma in cui condannano anche ogni vostra evasione. Il nostro cammino ci porta al deserto.
Perdonatemi e pregate per me. Chiedete al Signore che ci attragga sempre più soltanto la sua voce che ci chiama a un cammino di silenzio, nella notte – che ci attrae nel deserto.
Nel deserto matura la futura salvezza del mondo – nel deserto si consuma la nostra unione con Dio.
Vi benedico con affetto tenerissimo.

lunedì 24 agosto 2009

traccia per l'incontro 2009

Prima di Natale, nel suo discorso alla curia romana, Benedetto XVI ha auspicato la nascita di una “ecologia dell'uomo” che si proponga di preservare l'umanità dall'autodistruzione. La distruzione verso la quale ci avviamo, l'abisso nel quale ogni giorno di più rischiamo di sprofondare, non è da intendersi solo come qualcosa di lontano ed esterno a noi, ma piuttosto viene da un nostro progressivo allontanarci da un ordine naturale che investe prima di tutto il nostro modo di vivere e di relazionarci. Il Papa si è soffermato soprattutto sul nuovo modo di intendere la sessualità, ma il discorso può e deve essere allargato ad ogni ambito antropologico.

Chi ha conosciuto padre Barsotti non può non essere stato affascinato dalla sua capacità di collegare ogni aspetto della realtà alla sua radice trascendente, e di legare tra loro aspetti apparentemente distanti con la profondità di una concezione olistica che tutto abbraccia in Dio. Nel paesaggio, nella storia, nell'arte, nelle relazioni umane come nella religiosità, possiamo scorgere dei legami che sono il riflesso di ciò che gli orientali chiamano le energie increate. Siamo, dunque, chiamati a scoprire i nessi che legano la nostra concezione del lavoro, della famiglia, del sesso o del denaro alla nostra vocazione monastica in un'ottica – appunto – ecologica. Come nella natura, seppur attraverso la lente deformante del peccato, possiamo scorgere i segni di un'armonia divina che dispiega attraverso forme ricorrenti e interrelate, così dobbiamo farlo per l'uomo e per i rapporti in cui è immerso.

Il Papa, sempre nella medisima occasione, ha parlato anche di “amicizie che incoraggiano ad uno stile di vita diverso e lo sostengono dal di dentro” riferendosi ai frutti delle Giornate Mondiali della Gioventù, ma lo stesso potrebbe valere per i legami che si stabiliscono tra noi consacrati nella Comunità.

In questa prospettiva abbiamo deciso di collocare l'incontro “stili di vita” che si svolgerà dal 9 al 14 agosto alla Fornace: proponendo la famiglia, cellula embrionale di societas naturalis, quale modello di vita comune per tutti i rami della Comunità. Quale è il limite fino al quale ci si può spingere nella condivisione di vita tra consacrati? Il tema di una qualche forma di vita comune anche nei primi tre rami è stato più volte proposto nella vita della Comunità ma, pur facendo parte dei desideri di più di un consacrato, spesso rischia di rimanere al livello di aspirazione confusa.

Ci piacerebbe che potessero partecipare all'incontro consacrati di tutti i rami, per continuare ad incontrarci e confrontarci in spirito di semplicità e di comunione come abbiamo cercato di fare in questi anni.

traccia per l'incontro 2008

L’appuntamento estivo della Fornace di quest’anno (dal 18 al 23 agosto) prenderà le mosse da un incontro con gli hobbit. Questi altro non sono che una delle tante razze che popolano i romanzi dello scrittore inglese John Ronald Reuel Tolkien (1892 –1973). Sono piccoli esseri più simili a bambini che ad uomini fatti, protagonisti loro malgrado di grandi imprese. L’eremo della Fornace, per la sua collocazione al di la del tempo, ben si presta a questo tipo di incontri. Cercheremo, così, di riscoprire il gusto semplice delle cose che, sempre più spesso, ci viene negato e ci neghiamo per inseguire i deliri dei falsi profeti del mondo.

Abbiamo pensato di partire da un riferimento letterario non per divagazione ma per cogliere, analogamente a quanto il padre faceva con Dostoevskij, il significato più profondo che aleggia nelle pagine della grande letteratura. Per fare questo ci avvarremo della sapiente guida di nostro padre Benedetto, autentico ramingo della Terra di Mezzo, l’ambientazione immaginaria dei romanzi di Tolkien.

Sarà necessaria una certa adattabilità alle condizioni spartane della casa, in compenso le spese sono irrisorie. Chi sa suonare porti pure lo strumento, onde rinfrancare i cuori sempre impegnati nella buona battaglia, lo stesso dicasi per chi vuole portare del cibo, eviterà di farci uscire per la spesa.

Vale anche per quest’anno la considerazione che, più che dalle parole, i contenuti verranno dalla vita di comunione vissuta insieme tra i vari rami della comunità e dalla ‘sapienza’ del luogo, cercando di seguire il consiglio di San Bernardo di Chiaravalle: "credi a chi ne ha esperienza: nelle foreste troverai più che non nei libri. L'albero e le rocce ti insegneranno ciò che non puoi imparare dai maestri"1.

1 S. BERNARDUS, Ep. 106 ad Mag. Henricum Murdach, n. 2; PL 182, 242: "Experto crede: aliquid amplius invenies in silvis quam in libris. Ligna et lapides docebunt te, quod a magistris audire non possis".